Walker Evans, fotografo documentarista americano, è stato uno degli artisti più influenti del XX secolo. Nacque nel 1903 a St. Louis e dopo essersi laureato in letteratura alla Phillips Academy di Andover (Massachusets) ha frequentato il Williams College di Williamstown.
Negli anni ’20 volle andare a vivere a Parigi, dove frequentava le lezioni della Sorbona, adattandosi velocemente alla cultura francese e migliorando la conoscenza della lingua, iniziando a scrivere ma anche a muovere i primi passi nella fotografia.
Tornato negli Stati Uniti, si ferma a New York, dove la fotografia assume un ruolo da protagonista nella sua vita ed è evidente l’influenza modernista e delle avanguardie di Parigi. In seguito Evans cambierà completamente il suo stile.
Gli anni ’30 furono difficili ma fondamentali per Walker Evans: armato di una macchina fotografica di grande formato, viaggiò in West Virginia per fotografare la cultura americana attraverso le vecchie dimore vittoriane, per preservare fotograficamente gli ultimi resti del diciannovesimo secolo negli USA. Con queste visioni architettoniche inizia l’esplorazione di Evans nella cultura americana.
Nei suoi viaggi attraverso gli stati del sud non si limitò a fotografare l’architettura vittoriana, ma anche degli elementi che divennero costanti nei suoi lavori ed ebbero sempre un grande interesse: segnali stradali, frecce, testi ed altri elementi grafici.
Nel 1933 Evans si reca a Cuba, a L’Avana, dove ignora le magnifiche viste tropicali dell’isola e si concentra nella dittatura che controlla il paese. Qui Evans fotografa senza sentimentalismo la durezza della realtà sociale, proprio con il taglio del reportage documentario. La sua foto più celebre di questo periodo è quella di una madre in condizioni di indigenza con i suoi tre figli.
Walker Evans e la Grande Depressione
Intanto nei suoi viaggi negli Stati Uniti il fotografo incontra qualcosa di profondamente radicato ma che non sembra per niente americano: la povertà delle zone rurali. Fattorie e piantagioni di un’America polverosa, pompe di benzina e contadini impoveriti negli anni della Grande Depressioni e del Dust Bowl, le tempeste di sabbia che devastarono gli States in quegli anni.
Roy Stryker, a capo della Farm Security Administration, volle che Evans partecipasse al progetto per documentare la realtà impoverita del sud rurale degli Stati Uniti. Tra gli altri fotografi della FSA c’erano Dorothea Lange, Jack Delano, Arthur Rothstein, per citarne alcuni, ma Evans divenne presto il leader spirituale del gruppo e realizzò alcune delle foto migliori, perchè era il più talentuoso di tutti.
Invece di utilizzare una più pratica 35mm, decide di usare una ingombrante 8×10 pollici, per avere immagini di grande nitidezza. Il suo stile è diretto e le sue fotografie, con inquadratura centrale e frontale, hanno una notevole chiarezza compositiva.
Evans preferisce documentare nel modo più anonimo possibile, senza interferire troppo nelle immagini. Ma spesso il fotografo ha con sé anche più fotocamere, tenendo per il suo archivio personale le fotografie più interessanti e inviando a Washington quelle di cui non gli importava. Un modo di fare che nel primo taglio al bilancio, nel 1937, gli costa il posto.
Nel 1941 Walker Evans pubblica, insieme allo scrittore James Agee, Let Us Now Praise Famous Men un’interpretazione poetica ma fredda della visione dei contadini del sud a cui aveva lavorato negli anni passati, riccamente documentata con fotografie e testi.
Tra il 1945 ed il 1965 realizza diversi saggi fotografici per la rivista Fortune su diversi argomenti, tra cui la metro di New York, città fantasme dell’America Occidentale e Antiche Chiese, i cui risultati sono stati pubblicati insieme nel 1966 in un libro intitolato Many are called.
Dal 1965 fino alla sua morte, nel 1975, ha lavorato come professore di fotografia nella scuola d’arte dell’Universitù di Yale. Negli anni ’60 la sua reputazione era ormai consolidata ed era stato il primo fotografo ad avere una mostra personale nella storia del MoMA di New York. Il suo contributo con la FSA era già parte dei libri di storia della fotografia, alcune sue opere erano state rivalutate ed il catalogo American Photographs era già un vero classico.