Letizia Battaglia è una fotografa italiana nata nel capoluogo siciliano Palermo nel 1935 ed ha vissuto in diverse città italiane in quanto suo padre era un militare della Marina. È tornata nella sua città natale dieci anni dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale.
Ha studiato giornalismo e nel 1969 ha iniziato a collaborare con il quotidiano palermitano L’Ora, ma due anni più tardi, nel 1971, si è separata dal marito e si è trasferita a Milano, in quegli anni il più attivo centro di politica radicale in Italia. Ha continuato a collaborare con il quotidiano, ma gradualmente preferì dedicarsi al fotogiornalismo perchè le dava maggior libertà espressiva, finchè nel 1974 decise di usare solo la macchina fotografica.
Quando le fu offerta la possibilità di tornare a Palermo, non ci pensò due volte: prese in affitto un appartamento nel centro della città per essere sempre vicina all’azione e, proprio come una corrispondente di guerra, lavorò sempre in prima linea durante uno dei periodi più tragici della storia contemporanea italiana. Erano “gli anni di piombo”, quando estremismo di sinistra e di destra sfociarono in numerosi attentati terroristici di matrice politica ed in Sicilia la violenza della mafia divenne sempre più costante e recrudescente. Era il periodo delle feroci azioni del Clan dei Corleonesi di Totò Riina, Bernardo Provenzano, Luciano Liggio e Leoluca Bagarella, in cui trovarono la morte intere famiglie di mafiosi e rappresentanti della legge, giornalisti e politici.
Cosa significa Palermo per lei?
La mia terra, la mia infanzia, i miei sogni distrutti, il luogo dove sono nate le mie figlie, la città del cielo blu e del mare verde, distrutta fisicamente e moralmente per molti anni da una classe politica corrotta alleata con la mafia.
Come si fotografa la mafia?
Con disprezzo e tanta rabbia.
Il rapporto tra questa coraggiosa fotografa e la sua terra d’origine non lascia spazio a dubbi: c’è la Sicilia che ama, quella degli intensi ritratti di donne e bambini, e quella che odia, quella impotente davanti alla brutalità mafiosa, ma anche silenziosa e complice. Nel 1985 è stata la prima donna europea a vincere il premio di fotogiornalismo Eugene Smith e nel 2007 il premio Erich Salomon, il più prestigioso premio per fotogiornalisti concesso in Germania.
Dopo aver fatto una fotografia ad una prostituta e due clienti uccisi per non aver accettato gli ordini della mafia, il boss Bagarella mise una taglia sulla sua testa. Sono trascorsi anni prima che iniziassero a guardarla come qualcosa di diverso da una specie di poliziotto con la macchina fotografica.
In quegli anni di violenza, tra gli anni Settanta e Novanta, Letizia Battaglia arrivò a fotografare fino a quattro o cinque omicidi al giorno. Immagini che mostrano la violenza della mafia siciliana, ma anche lo sguardo di compassione per le vittime di una fotoreporter che sentiva di compiere un dovere civico con il suo lavoro, sempre e solo in bianco e nero.
C’è qualche speranza di porre fine alla mafia?
No, non credo. La mafia nel mondo è molto potente. Possiamo dire che dietro la mafia c’è un altro potere occulto, formato anche dai servizi segreti, politici corrotti, imprenditori, finanzieri… che non hanno interesse a sostenere la giustizia e la pace.
In totale ha accumulato oltre 600mila fotografie organizzate tematicamente nel suo archivio, molte delle quali sono solo in negativo. Con una costanza quasi sovrumana ha raccolto migliaia di immagini di vendette personali, omicidi tra frange mafiose, la normalità della vita quotidiana negli anni peggiori per l’isola e per Palermo. Le tante foto di processioni religiose trasmettono il senso tragico della vita in Sicilia, dove la morte è sempre presente. Ancora oggi il giorno dei morti per i siciliani è importante quanto il Natale in altri paesi europei.
Letizia Battaglia si è occupata anche di politica, in particolare con i Verdi e con “La Rete” di Leoluca Orlando; è stata consigliere comunale ed assessore comunale nella sua città, nonché deputata dell’Assemblea Regionale della Sicilia. Nel 1992 ha fondato la casa editrice “Edizioni della Battaglia” e collabora con varie riviste. Nel 2009 ha vinto il premio Cornell Capa.
Come vede l’Italia attuale?
Mi vergogno a parlare di questo. La corruzione è dilagante su tutti i fronti, come un flusso che va e viene ed i giudici che fanno il loro lavoro con onestà, che indagano e condannano i politici, anche importanti, vengono emarginati. In Sicilia, il caso più scandaloso è del giudice Di Matteo, che indaga sullo stato della mafia ed i suoi affari e allo stesso tempo è in pericolo di morte.
“Per pura passione” è la mostra monografica che si tiene al Museo Maxxi di Roma, con oltre 200 scatti inediti provenienti dall’archivio storico della grande fotografa palermitana.